Riflessioni sul cambiamento climatico ed epilessia

Non c’è dubbio che il cambiamento climatico sia alle porte; il riscaldamento globale cronico è stato punteggiato da  sempre più frequenti eventi meteorologici estremi. L’umanità dovrà mitigare il cambiamento climatico e adattarsi a queste condizioni mutevoli. Un aspetto sottovalutato di questa crisi globale è il suo impatto sull’assistenza sanitaria, in particolare sulle persone con epilessia e convulsioni sensibili alla temperatura.

La scienza del cambiamento climatico ha una storia molto lunga, che risale al XIX secolo, quando Joseph Fourier riconobbe come l’atmosfera terrestre tenesse il pianeta al caldo. Aveva così scoperto l’effetto serra: il passaggio di onde luminose, visibili attraverso l’atmosfera, alla superficie terrestre, il loro assorbimento e la loro riemissione, come radiazione infrarossa che aumenta le temperature superficiali. Eunice Newton Foote è stata la prima a suggerire nel 1856 che l’effetto riscaldante del sole sarebbe aumentato in presenza di anidride carbonica. John Tyndall ha nel 1859 esaminato l’assorbimento delle radiazioni infrarosse in diversi gas, scoprendo i gas serra. Lo scienziato svedese Svante Arrhenius è stato il primo a collegare l’attività umana al riscaldamento globale. Nel 1896 calcolò che un raddoppio della CO2 atmosferica avrebbe prodotto un riscaldamento totale di 4°C. Questo è simile a quanto riportato dal quinto rapporto di valutazione dell’ultima generazione di modelli climatici globali.

Il cambiamento climatico influenzerà sia il tempo medio, che le precipitazioni e la temperatura e, per questo, aumenterà la sua variabilità e gli eventi estremi. Quest’ultimo fatto è probabilmente di maggior importanza per la salute umana. Questi cambiamenti nel tempo saranno moderati dalle condizioni ambientali locali e dall’adattamento umano, portando a cambiamenti in tre ampie categorie di esposizione, in grado di  influenzare la salute. I primi sono effetti diretti, come l’influenza di un’ondata di calore sulla mortalità.  I secondi sono le esposizioni indirette, come il cambiamento del tempo che altera la stagione di crescita e la distribuzione delle piante, influenzando la produzione di polline, che a sua volta ha un impatto sulle malattie, come quelle allergiche. Altri esempi includono il cambiamento dei modelli meteorologici, che influenzano la riproduzione delle zanzare o di altri soggetti patogeni. In terzo luogo, il cambiamento climatico può agire attraverso interruzioni economiche e sociali, ad esempio, producendo effetti sulla salute mentale e fisica; attraverso eventi estremi, come inondazioni, o influenzando i rendimenti delle colture globali, che portano ad un aumento della malnutrizione. 

Man mano che il clima cambia, possiamo aspettarci che ci saranno implicazioni particolari anche per l’epilessia. Questi impatti potrebbero manifestarsi a livello di rischio alterato di epilessia di per sé, rischio alterato di convulsioni nell’epilessia stabilizzata, conseguenze per i trattamenti per l’epilessia, con effetti che hanno maggiori probabilità di colpire coloro che non sono favoriti, in primo luogo, dalla geografia e dall’economia. Possiamo aspettarci che le disuguaglianze nell’assistenza sanitaria per l’epilessia vengano ulteriormente esacerbate.

I molti fattori legati al cambiamento climatico possono alterare la stagionalità, la sopravvivenza, il comportamento contagioso,  la capacità di infezione da agenti patogeni e, quindi, il rischio di malattie negli esseri umani. I cambiamenti nei modelli di precipitazioni, i cicli siccità-pioggia e l’entità e la frequenza delle inondazioni possono tutti avere effetti, mentre le strategie umane per combattere i cambiamenti climatici, come il ripristino delle zone umide e degli spazi verdi, possono, perversamente, promuovere la diffusione di elementi di contagiosità diversi.

Anche  fenomeni diversi dalle infezioni stanno peggiorando con il cambiamento climatico. Man mano che sorgono conflitti bellici, possiamo aspettarci più lesioni alla testa, come un’altra causa di epilessia, oppure, come uno studio di una città altamente inquinata in Cina suggerisce, aumenti anche transitori di inquinanti atmosferici, come il biossido di azoto e l’anidride solforosa, che  possono peggiorare la prognosi  dell’epilessia.

La temperatura può influenzare i geni e le proteine. La maggior parte delle epilessie genetiche sono dovute a mutazioni  di canali disfunzionali, che, a loro volta, per estrinsecarsi sono dipendenti dalla temperatura. Temperature ambientali elevate  aumentano la frequenza delle crisi nella sindrome di Dravet e in altre epilessie genetiche con  convulsioni indotte dalla febbre; l’elevazione della temperatura può influenzare la regolazione termica cerebrale.

Si prevede di conseguenza che il cambiamento climatico aumenterà, con diversi meccanismi, i livelli di stress della popolazione: pur essendoci poche ricerche sugli effetti che il cambiamento climatico potrà avere sui trattamenti per l’epilessia, si può  asserire che  la perdita di biodiversità, che è una caratteristica del cambiamento climatico, potrà compromettere le fonti, come le specie vegetali, microbiche e fungine, da cui potrebbero emergere i prossimi farmaci antiepilettici.

E’ sempre stato ritenuto che sia meglio prevenire che curare: ridurre al minimo i progressi del cambiamento climatico e mitigare le emissioni al momento attuale sembra essere  perciò più economico che agire in seguito, quando la situazione sarà peggiorata.

La sfida è enorme, ma spetta a noi fare ciò che possiamo. Le popolazioni hanno già gestito enormi sfide: la riduzione dei tassi delle bevande alcoliche per la guida, la riduzione della produzione di aerosol e i cambiamenti nel comportamento dopo l’epidemia di HIV. Con il cambiamento climatico, la sfida è più grande, più globale e più urgente.

 E, naturalmente, qualsiasi cosa possiamo fare noi nella nostra vita personale può contribuire a contrastare una delle più grandi sfide che l’umanità e tutta la vita su questo pianeta devono affrontare.