Farmacoresistenza in epilessia
Circa il 30% dei pazienti con epilessia ha delle crisi farmacoresistenti. La farmacoresistenza è un concetto intuitivo ma deve essere definito più precisamente per permettere un approccio coerente alla patologia: possiamo quindi definirlo come il fallimento del controllo delle crisi, dopo l’assunzione adeguata, in termini di posologia e durata nel tempo, di almeno due farmaci ben tollerati, appropriati e utilizzati correttamente secondo la prescrizione specialistica.
Per valutare l’efficacia è inoltre necessario far riferimento alla frequenza delle crisi di ogni singolo individuo, seguendo la cosiddetta “regola del 3”, ciò vuol dire che il periodo di tempo utile per la valutazione deve essere tre volte l’intervallo libero tra le crisi, quindi tanto più lungo quanto meno frequenti sono le crisi.
I soggetti con epilessia farmacoresistente sono pazienti complessi che richiedono approcci multidisciplinari. Possono infatti avere disabilità associate, cognitive o psichiatriche, e problematiche a livello sociale, scolastico o lavorativo.
Nonostante i farmaci antiepilettici siano aumentati e molti di loro abbiano anche un multiplo meccanismo d’azione, la percentuale di farmacoresistenza non si è significativamente ridotta.
Pertanto in questi casi potrà essere presa in considerazione la possibilità di altri rimedi non farmacologici quali:
– la chirurgia della epilessia cui rivolgersi specialmente se le crisi iniziano in età evolutiva;
– la dieta chetogena, specialmente efficace in età pediatrica;
– alcune terapie cosiddette di precisione, che agiscono sul meccanismo che causa le crisi in alcune forme geneticamente determinate di epilessia (sclerosi tuberosa).
Tratto dalla presentazione scientifica della prof.ssa Aglaia Vignoli
Intervista del 14 novembre 2022