Epilessia e pillole di arte

L’epilessia è stata trattata come argomento d’arte in vari modi nel corso del tempo e ciò ci permette di capire quali fossero le opinioni della popolazione riguardo agli eventi critici neurologici che caratterizzano la malattia.

Nel VI secolo i drammaturghi greci, come Euripide nelle sue “Ifigenia” e nell“Eracle”, associano l’epilessia a un’estrema violenza fisica e non solo. Le crisi si verificano insieme ad atti di follia e Sia Eracle che Oreste hanno episodi critici dopo un lungo periodo di esaurimento fisico e di privazione nutrizionale.

Da Eracle stesso viene poi una delle denominazioni dell’epilessia di Morbus Herculeus, sia perché egli aveva affrontato una della sue fatiche nel pieno di una crisi convulsiva, beneficiandone, sia perché durante le crisi si sviluppa una forza notevole e altrettanta è necessaria anche per contenerla.

Ai Romani si deve invece la definizione di Morbo dei Convivi o delle Mense, riferito alle abbondanti libagioni come causa di convulsioni, ma la crisi veniva individuata anche come “Comiziale” per il suo potere di gettare scompiglio nelle adunanze per le cadute improvvise dei soggetti.

Comunque dai tempi di Ippocrate, cioè da quando la malattia viene localizzata effettivamente nel cervello, è individuata come Morbo Sacro, ma col sopraggiungere del Medioevo, con un curioso ribaltamento, da divina diviene diabolica e demoniaca.

Per tanti anni si era ritenuto che la malattia fosse mandata dagli Dei a chi si fosse macchiato di un certo peccato e questo faceva ricadere sullo stesso una qual aura sacra che però nel tempo si trasformò da privilegio a motivo di allontanamento e di intoccabilità. È proprio dall’atto di sputare sul paziente in preda a una crisi per difendersi dal suo presunto contagio viene la denominazione di Morbus Insputans o Insputatus, che è figlia del clima medievale durante il quale si instaura uno stretto legame tra epilessia e stregoneria.

Ma questo è anche il periodo in cui fiorisce la predisposizione di accoppiare alla malattia il nome dei numerosi santi deputati a sconfiggerla. Non è il caso, qui, ma ci si potrebbe di diffondere in un prolungato elenco di“male di San Giovanni”, di “San Valentino”, di “Saint Gilles” per i francesi e, per gli arabi, di “tic di Salaam”.

I Francesi lo definirono anche “mal intelectuel”, il che rimanda a una “diminutio” delle capacità cognitive – l’epilettico non sa perché viene assalito dalla convulsione e soprattutto non ricorda – ma al tempo stesso fa riferimento a un’altra curiosa contraddizione: molti personaggi celebri in ambito culturale sono Epilettici. Così come talvolta il male è stato considerato sacro e talaltra demoniaco, l’epilessia è ora manifestazione di una degenerazione mentale, ora espressione della superiore finezza del genio artistico.

Accanto a Vincent Van Gogh del quale è più che noto che presumibilmente deve il suo periodo giallo a intossicazione da Digitalis Purpurea che il suo medico gli somministrava per la cura dell’ Epilessia, il personaggio più significativo è Fedor Dostoevskij che descrisse le proprie crisi temporali in maniera così efficace da attirare l’attenzione di Freud, che ne fece l’argomento di uno dei suoi saggi.

Tratto liberamente dalla rivista di Scienzesociali.it