Sindrome da cromosoma 20 ad anello, pubblicato un nuovo studio che parla italiano

La sindrome da cromosoma 20 ad anello, anche conosciuta come r(20), è una condizione rara caratterizzata da un cromosoma 20 ad anello non soprannumerario, che sostituisce un cromosoma 20 normale.

Gli individui affetti da questa sindrome sviluppano una forma di epilessia rara e poco conosciuta, che comporta numerose sfide sia per i pazienti che per gli specialisti, nella diagnosi, nel trattamento e nella convivenza con questa patologia.

Recentemente, la Presidentessa di San Valentino Onlus, la Professoressa Maria Paola Canevini, è stata impegnata nella scrittura e pubblicazione di uno studio su questo tema. Il paper, realizzato insieme ai colleghi Angela Peron (leading author), Ilaria Catusi, Maria Paola Recalcati, Luciano Calzari, Lidia Larizza e Aglaia Vignoli, affronta gli aspetti genetici e clinici della sindrome r(20), ne discute le diagnosi differenziali e i fenotipi che si sovrappongono, fornendo al lettore strumenti utili per la pratica clinica e di laboratorio.

Che cos’è la sindrome r(20)?

La sindrome di r(20) è caratterizzata da un riconoscibile tracciato elettroencefalografico, da un decadimento cognitivo e modificazioni comportamentali che si manifesta dopo l’insorgenza dell’epilessia in bambini che altrimenti si sviluppano normalmente. Nonostante il fenotipo distintivo, molti pazienti non hanno ancora una diagnosi e i meccanismi non sono conosciuti.

Tra le diverse sindromi ad anello (rari eventi genetici che risultano da una fusione intracromosomica), la r(20) è tra le meno conosciute. È stata riscontrata per la prima volta nel 1972 in due bambini con crisi epilettiche e problemi comportamentali, con o senza disabilità intellettiva e ad oggi si contano 200 casi che coinvolgono adulti e bambini.

Dai dati raccolti, la sindrome da cromosoma 20 ad anello sembra colpire più frequentemente le donne (60% dei casi) che gli uomini (40%) dei casi. Viene diagnosticata con la citogenetica convenzionale (cariotipizzazione). I cromosomi ad anello sono stati riportati in diversi tessuti e sono stati osservati prenatalmente, sia nel liquido amniotico che nei campioni di villi coriali, così come nel sangue periferico postnatale, nel midollo osseo e nei fibroblasti.

 

Cosa implica per la vita dei pazienti?

I pazienti affetti da questa sindrome sperimentano un frequente, ma non universale, declino cognitivo e problemi comportamentali dopo l’insorgenza delle crisi. La prima crisi può manifestarsi già nei primi anni di vita del bambino, che prima dell’episodio mostrava uno sviluppo normale.

Infatti, la maggior parte dei pazienti presi in esame dagli autori ha sviluppato l’epilessia prima dei 10 anni di età; l’età media di insorgenza dell’epilessia nella sindrome di r(20) è di 7 anni (8 anni per le femmine e 6 anni per i maschi).

La gran parte delle crisi è caratterizzata da uno stato confusionale prolungato di intensità e durata variabili. Le crisi epilettiche in questi pazienti sono molto frequenti e possono presentarsi anche quotidianamente ed essere accompagnate (e precedute) da allucinazioni.

A parte l’epilessia e il declino cognitivo, la maggior parte dei pazienti con la sindrome di r(20) sono altrimenti sani. A differenza di altre anomalie cromosomiche, gli individui r(20) di solito hanno normali parametri di crescita pre e post-natale, e non mostrano un aspetto distintivo del viso.

 

Come può essere trattata?

Le persone con r(20) spesso hanno crisi epilettiche resistenti ai farmaci e l’epilessia rappresenta il peso maggiore per i pazienti e le loro famiglie. I dottori spiegano, nel paper, la loro esperienza nella terapia farmacologica di questo tipo di crisi:

“Secondo la nostra esperienza, l’acido valproico e la lamotrigina, spesso in combinazione, sono generalmente i farmaci antiepilettici (DAE) più efficaci per il trattamento delle crisi epilettiche in r(20). Tuttavia, molti pazienti continuano ad avere epilessia resistente ai farmaci, e altri DAE sono stati segnalati come efficaci, come la lacosamide, l’ezogabina e il litio. Alcuni individui colpiti hanno trovato effetti benefici da trattamenti alternativi, come la dieta chetogenica, mentre l’efficacia della stimolazione del nervo vagale è controversa. Infine, anche i problemi comportamentali e l’ansia possono essere difficili da gestire e possono richiedere trattamenti specifici.”

Per maggiori informazioni si prega di leggere il documento completo, disponibile in inglese a questo indirizzo.